THE CURE - 4:13 dream
Geffen 2008
E luce fu! Dopo mesi di attesa, tra slittamenti, singoli apripista a scadenza mensile, tracce filtrate da bootleg in presa diretta ai concerti ed altro, finalmente il tredicesimo album dei Cure è arrivato sugli scaffali di mezzo mondo. Di questo disco si è parlato molto, ancor prima che uscisse. Chi lo incensava a priori, chi lo stroncava senza nemmeno averlo ascoltato. Questo è il pegno che si paga per essere stata una band storica che ha scolpito nel marmo della musica il suo nome con capolavori quali Pornography o Disintegration, caduta poi più volte sul sentiero lunghissimo della trentennale carriera, perdendo la rotta, ritrovandola a tratti ma senza mai convincere appieno i critici ed i fan. IL punto di base è: cosa ci si aspetta dai Cure nel 2008? Un album epocale? un ritorno alle radici postpunk? Una schifezza inaudita? Tutto questo e molto di più. O forse semplicemente non ci si aspetta più nulla, consci che una band dalla vita artistica ormai lunga e consolidata abbia fondamentalmente detto e dato già tutto a livello di bellezza musicale. Eppure, per quel che mi riguarda, l'album nuovo lo si aspetta comunque, e gli si dà sempre qualche possibilità, nella speranza di vedere nuovamente accendersi qualche scintilla di passione nei confronti di un artista che tanto ha saputo regalare nel corso della sua carriera. E quindi, dopo essermi sorbito i quattro singoli negli ultimi mesi, eccomi qui a scrivere due tre cosette dopo qualche settimana dall'uscita di 4:13 dream. Il primo brano, Underneath the Stars, è uno dei migliori del lotto. Sognante, dolce, malinconica, densa, nella migliore tradizione delle ballatone epiche alla Cure, e per un attimo l'illusione che ci si trovi di fronte ad un grande album si fa largo nei miei pensieri. Peccato che il tutto venga smorzato da The Only One, pezzo pop carino ma poco più, che già avevamo ascoltato su singolo e che ridimensiona le aspettative. Si continua con The Reason Why, piacevole ma non memorabile che si fa notare per un uso del vocoder azzeccato. Arriva poi la già nota Freakshow, che resta un gran pezzo pop zompettante e frizzante, nella tradizione delle b-sides periodo Head On The Door. Siren Song è la sorella di Jupiter Crash, solo meno malinconica e più coincisa, con Porl Thompson che se la gode alla Slide ma è vergognosamente sotto nel mix. The Real Snow White, un pezzo che già dal testo fa l'americanata di giocare con i sottointesi, è una porcheria di prima categoria, come nemmeno i Bon Jovi hanno fatto da anni. Lasciamo perdere. Era meglio Club America, ed ho detto tutto. The Hungry Ghost arranca ed annaspa giocando con le note di Trust su una ritmica noiosa e zoppicante che non arriva da nessuna parte. Un copia incolla di milioni di soluzioni Smithiane degli ultimi anni che non finisce dritta nel cesso solo per il ritornello lisergico, ma non basta a salvarla dall'oblio. Switch, sorella povera di Cut, è la tipica cavalcata Curesca, e nonostante non brilli di luce propria, da meno fastidio di molte altre canzoni qui presenti. The Perfect Boy l'abbiamo già sentita e ne abbiamo già parlato (e non rimarrà negli annali), This Here And Now With You sarebbe stata bene sui pezzi leggeri di Kiss Me e quindi in questi anni di magra non si butta. Sleep When I'm Dead, pure lei, è già nota. E resta un brano piacevole. Ma fa da apripista a quello che secondo me è il pezzo migliore del lotto, tale The Scream. Viaggio lisergico ed acido tra odori orientali, nervi a pezzi e grida non soffocate. Vero e proprio mantra violento e lacerante, si rivela essere il punto più alto dell'album. Uno di quei pezzi che ti costringono a rimandare indietro il pezzo più volte per sentirlo a ripetizione. Eccellente, nella sua semplicità riesce a colpire e a lasciare, finalmente, il segno. Chiude il lavoro It's Over, inutile rocketto che vorrebbe essere la nuova copia di Shiver and Shake o di Give me It, ma che risulta invece solo una pacchianata all'ammmmericana che non ci sta proprio. In definitiva, com'è l'ultimo disco dei Cure? Medio. Sei politico direi. perchè in molte parti è troppo autoreferenziale ed autoindulgente, in altre si eleva ad una qualità superiore (Scream, Underneath The Stars), in altri è divertente, nel resto è una palla al piede. E nel caso dei maschietti, la palla è la propria. D'altra parte però dopo 30 anni di dischi che dovevo aspettarmi? Grazie a dio ci sono un paio di pezzi buoni ed altri carini ed ascoltabili. Ora non resta che aspettare Aprile, dato che uscirà la seconda parte del disco. Si, perchè ciccio voleva un doppio, la Geffen ha detto assolutamente no, e allora lui aspetta il minimo contrattuale (sei mesi e un giorno) per buttare fuori un altro disco che viene descritto come "la parte più Dark del lotto", ovvero 4:13 Dream è la raccolta di pezzi più poppettini, l'altra sarà di canzoni più "serie". Staremo a vedere...Nel frattempo mi faccio il mio EP personale, Underneath the Stars, Freakshow, Sirensong, Switch, Sleep When I'm Dead, The Scream, NY Trip, All Kinds Of Stuff. Anzi, otto brani piacevoli una volta facevano un album. Maledetto cd.....
P.S. la produzione, comunque, è vergognosa. Meno peggio dell'ultimo del 2004, ma comunque non buona. E per favore, eliminate Jason Cooper. Non sopporto più i suoi controtempi scolastici, la sua batteria di cartone e le basi elettroniche che ci mette per sembrare che faccia qualcosa... Ah, ultima cosa: ho gradito non poco la scelta di non inserire tastiere. Non che non mi piacciano di per se, anzi. Cold, Plainsong, All Cats Are grey...eccezionali, ma il modo in cui venivano utilizzate negli ultimi anni mi lasciava un pò perplesso. Meglio senza, e lunga vita a Porl. Spero per il futuro in una produzione migliore. mi chiedo solo se quanto fatto da Hedges o Allen sia stato dimenticato...