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Primo disco indie (nel senso lettrale della cosa) per i multiplatinati Placebo, primo album senza Steve Hewitt che li ha accompagnati dietro le pelli da più di dieci anni, qui sostituito da un figaccione alla moda (Steve Forrest, che ha suonato negli Evaline. Chi?!?!). la band, senza troppi giri di parole, ha campato parecchio9 solo sull'immagine di Molko, dato che in seguito ad un debut eccellente, ad un secondo album magistrale ed ad un terzo che aveva i suoi alti e i suoi bassi, si è stabilizzata in una formula-canzone che sfornava a ripetizione album e singoli piacevoli, ma non più memorabili come agli esordi. Quando uscì Meds, ormai era chiaro che i tempi di quando li vidi a Sonoria nel 96 o al Rolling Stone nel 98 erano passati per sempre. C'era molta emotività, stile, classe, pulizia...ma mancava la rabbia e la follia. La band era come incatenata a dei clichè e sembrava destinata a quelle formazioni che arrivano in alto ma che poi mancano l'appuntamento con il grande salto, rodendosi un poco. Bene, questo Battle for the Sun di certo non è un capolavoro, ma rimette in carreggiata le proprietà compositive ed interpretative di Molko. E' come se i nostri, distaccandosi dal circuito major, abbiano ritrovato la voglia di colpire. Prendete ad esempio il singolo For What it’s Worth. E' semplice, si basa su due accordi, eppure è carico e fresco, pur risultando inconfondibilmente "alla Placebo". Brian ha ricominciato a cercare le interprtazioni migliori per i suoi brani, invece di affidarsi al caso. Le mielaggini ci sono sempre, ma risultano meno zuccherose e plastificate rispetto al recente passato, riportandoci una band che fa bene quello che sa fare. Avranno speso milioni in trapianti, non diventeranno mai i Cure dei 2000 come sognavano, ma rimarranno una band ottima, soprattutto se le prossime uscite resteranno su questi livelli. Un graditissimo ritorno. E ve lo dice un fan di vecchissima data (no, i singoli di Bruise Pristine e di Come Home in 7" non ve lo dò!)

Max1334