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VARSOVIE - L' heure et la trajectoire
Infrastition 2014
Se per quel piccolo gioiello che è “Etat civil” (2010) i VARSOVIE ci avevano messo tre anni, per portare a termine “L' heure et la trajectoire”(Infrastition) Grégory Cathérina ed Arnault Destal di anni ce ne hanno messi ben quattro. Rileggendo la mia recensione del primo album, possiamo dire che questo lavoro sulla lunga distanza chiude ipoteticamente la seconda fase di quella che era la “nuova scena post-punk Francese” nata all’incirca a metà dello scorso decennio. Rimasti fedeli al loro post-punk da fabbrica occupata i Frustration, dai continui cambi di direzione musicale-formazione i Joy/Disaster, vivi ma poco attivi discograficamente i Dorcel e modificato il nome in This Grey City per ritrovare se stessi i No Tears, i Varsovie danno alle stampe un lavoro maturo che li pone un gradino sopra ai loro, pur quotati, colleghi di genere. “L' heure et la trajectoire” si presenta come un album più complesso e ricercato rispetto al predecessore, frutto di una produzione minuziosa che mette la sezione ritmica in una posizione di maggiore protagonismo amalgamandosi perfettamente con le chitarre, sempre taglienti come rasoi, e con la parte vocale di Grégory Cathérina. Il classico stile Varsovie, caratterizzato da una romanticità post-punk decadente in perenne ansietà emozionale, percorre l’intero album dalle iniziali “Austerlitz” e “Detruire Carthage” passando per le due tracce che hanno fatto da anteprima al cd “L'Éclaircie” e “Lydia Litvak”, fino alle struggenti trame della conclusiva “Jasqu’Au Jour”. L’ulteriore passo avanti fatto dal gruppo di Grenoble con “L' heure et la trajectoire” è testimoniato dalle tre canzoni centrali del disco: la tittle track è una mirabile composizione cold-wave che stringe in un ipotetico abbraccio musicale i primi Cure ai Noir Desir; l’inquieta ed adrenalinica “Hotel Roma” raggiunge gradi di epicità che solo i migliori Lucie Cries avevano raggiunto ed infine “Sunsiaré”, la traccia più atipica, una sorta di “post-punk progressivo” cadenzato da giri di basso e squarciato da cambi di ritmo repentini che si conclude con un ipnotico finale sui vocalizzi della guest-vocalist Yelena Mitseva. Il pathos delle musiche, la lingua francese usata nei testi, il ricercato booklet -come sempre incentrato sulla diafana e decadentemente elegante figura femminile- nonché l’ottima produzione fanno sì che questo disco consacri i Varsovie a leader della scena cold-wave/post-punk contemporanea.