H2S
Febbraio 2008
01-prima di tutto, presenta il progetto, con un pò di storia...
H2S è nato ufficialmente con questo nome nella primavera del 2003, dopo aver deciso definitivamente di continuare da solo un certo discorso sperimentale già tentato a singhiozzo anche con altre persone. In realtà c’era stata prima una lunghissima fase embrionale, iniziata addirittura nel 1994: a quell’epoca suonavo in un gruppo hard-core punk, tutti brani velocissimi da 2 minuti scarsi, così iniziai per conto mio a registrare i primi esperimenti con chitarre rallentate, onde radio e drum machine esageratamente effettate, tutto materiale rimasto nel cassetto in attesa di uno sviluppo concreto. Tornando quindi alla storia recente, H2S si è poi mosso fino ad oggi fondendo e oscillando continuamente fra industrial vecchio stile, elettronica sperimentale povera, new wave e ambient, non avendo quindi mai una precisa collocazione di genere o scena.
02-lavori sempre in proprio alla fine. quanta libertà ti lascia questo, quali sono i vantaggi e quali i limiti a tuo avviso
Il vantaggio è il controllo totale sulla propria attività senza dover rendere conto a nessuno, gli unici ostacoli vengono quindi dall’esterno o direttamente dalla propria testa. Riguardo ai limiti, dato che mi sono sempre dovuto occupare praticamente di tutto (ad eccezione dello split con Goj), compresi registrazione, mixaggio, grafica delle copertine e gestione dell’etichetta Biostasi Records, magari un’altra persona veramente motivata e compatibile potrebbe portare nuove e migliori idee, alleggerirmi parte del lavoro, e dare una vera e propria svolta al progetto se dotata anche di una voce discreta e di una certa confidenza con la moderna tecnologia. Ma non è un appello, non mi faccio illusioni in questo senso e forse è meglio che H2S rimanga il mio progetto personale e basta, usando altre denominazioni per possibili collaborazioni.
03-nonostante la possibilità, oggi, di mettere il proprio lavoro online promuovendosi senza spendere un soldo, hai deciso anche questa volta di autoprodurti un cd. Perchè?
Sono ancora molto tradizionalista riguardo ai supporti fonografici, non ho mai avuto simpatia nemmeno per i CD e fosse per me comprerei solo vinile e pubblicherei i miei lavori solo in questo formato. Gli mp3 li trovo tanto comodi quanto evanescenti, e si praticano spesso download bulimici, simbolo e sintomo di una civiltà usa e getta. Proprio in ambito industrial/dark ambient/sperimentale, etc. è recentemente scoppiata una proliferazione vertiginosa di net-labels e internet album, tale per quantità da stordire qualsiasi utente. Al di là della qualità o meno, ottima in certi casi, una tendenza comune di questi lavori è comunque quella di essere composti solo con software e in brevissimo tempo. Avrei potuto anch’io pubblicare “Proteus Soundtracks” per una net-label, sicuramente qualcuna lo avrebbe preso nel proprio catalogo prima o poi, ma considerando i cinque mesi sofferti che ci sono voluti per la sua realizzazione, la diversità dei mezzi impiegati rispetto ai modernissimi ma abusati programmi di composizione musicale, nonché il rifiuto della logica usa e getta di cui parlavo sopra, non avrei mai accettato che facesse questa fine puramente ‘virtuale’. E siccome siamo ad una svolta epocale alla quale anch’io mi dovrò adeguare per forza, ho voluto prendere l’ultimo treno a disposizione. Come atto finale di resistenza sarebbe stato ancora più coerente – e migliore per resa sonora – pubblicare “Proteus…” in vinile 12”, ma con la mia label Biostasi Records la sua distribuzione sarebbe risultata troppo complicata e costosa.
04-I suoni che scegli sembrano sempre miracolosamente perfetti. Asciutti, mai esagerati, bilanciati tra loro. E' frutto del caso, dell'istinto o c'è dell'altro?
Ti ringrazio del complimento, penso che il risultato sia dovuto in parte alla strumentazione che ho utilizzato fino ad ora, principalmente un sintetizzatore analogico Roland, con basso e/o chitarra in qualche brano, ed in parte a certe mie influenze musicali. Non ho mai amato l’industrial eccessivamente rumoristico, ho sempre preferito gente come Cabaret Voltaire e Clock DVA, i dischi non cacofonici dei Residents, i primi Tuxedomoon e i Chrome, per non parlare della scena kraut rock, ascolto i Kraftwerk da quando ho 5 anni, poi pian piano ho iniziato ad adorare anche Can, Popol Vuh, Amon Duul II, e più recentemente Neu!, Cluster, Harmonia. E ci sono sempre le influenze post-punk e new wave, che in H2S sono filtrate e molto indirette, ma non riescono mai a soffocarsi completamente.
05-Da cosa è nato l'ultimo cd? vuoi parlarcene?
Nel gennaio del 2007, dopo mesi di inattività dovuti a mancanza di stimoli e idee, fui contattato da un tizio brasiliano che voleva due miei brani per una compilation, voleva proprio “Fragmentation”, tratto dal mio split con Goj, ed un’altra traccia simile con i bassi distorti. Poiché non avevo nulla con queste caratteristiche di utilizzabile, e la scadenza per la consegna era vicinissima, riuscii in un solo giorno a scrivere, registrare e mixare “Zimmerstrasse”. Il tizio fu molto soddisfatto del brano, e siccome la compilation poi uscì veramente (fatto strano vista la frequenza di finti compilatori inetti che spariscono nel nulla), trovai lo slancio giusto per provare a registrare altro materiale, all’inizio senza un obiettivo ben preciso. Quando un certo numero di brani iniziò a prendere forma, ma pure per alcuni eventi personali sia positivi sia negativi che sarebbe troppo lungo spiegare qui, mi venne il desiderio quasi maniacale di pubblicare un album ufficiale, su CD e non CDR, anche per cercare di far emergere maggiormente il progetto. “Proteus Soundtracks” è un disco nel complesso pessimista, amaro e a tratti introspettivo, pur con diversi riferimenti storici, letterari e cinematografici.
06-Tra gli altri, hai suonato anche con i Vidi Aquam, con Cassetta Dinamica e con gli Inverno Della Beffa. Che cosa ti hanno lasciato queste ed altre esperienze?
Con i Vidi Aquam ci sono tornato due anni fa, la formazione è leggermente cambiata adesso, ma soprattutto è cambiato il suono ed ora ho un ruolo più attivo anche a livello compositivo. Stiamo registrando anche noi il primo album vero e proprio. Il progetto “Cassetta Dinamica” con Bugo è stato solo un gioco estemporaneo, una goliardata senza pretese, l’unica cosa che mi ha lasciato è stata la voglia di riprendere sonorità vagamente simili ma con tematiche assolutamente serie. Le due esperienze che mi hanno lasciato di più a livello di soddisfazioni, ricordi ed emozioni sono state altre però. La prima un gruppo hard-core punk dei primi anni ’90 chiamato Schifanoia, registrammo solo – e pure malissimo – un demo-tape ma facemmo diversi concerti in giro per l’Italia che ricordo ancora con grande piacere. La seconda gli Inverno della beffa, gruppo post-punk con il quale pubblicai il mio primo disco ufficiale nel 1999, un 7” EP in vinile.
07-Parlaci degli Inverno della beffa allora: storia, discografia…
Ci formammo a Novara alla fine del 1996, quasi per caso e senza puntare su uno stile particolare, ma cercando di conciliare le diverse influenze di noi tre, principalmente e inizialmente il post-punk alla Warsaw/Joy Division, i CCCP, i Jesus & The Mary Chain, certo punk soprattutto italiano degli anni ’80 e certo di quel cosiddetto “nuovo rock italiano” come Marlene Kuntz e Massimo Volume. In tre anni e mezzo di attività uscirono solamente due demo su cassetta, il secondo dei quali destinato esclusivamente a case discografiche e concorsi, ed il famigerato 7” EP autoprodotto, peraltro ancora oggi disponibile. Nell’ultimo periodo, dato che il nostro chitarrista si era trasferito a Londra, decidemmo per scelta di proseguire in due, registrando alcuni brani e presentandoci sul palco solo con basso distorto, voce e drum machine. A parte questo non c’è una vera storia, ma tanti piccoli episodi e la consapevolezza di essere nati ed esistiti nella città e nel periodo sbagliati.
08-Soddisfazioni e delusioni in questi anni musicali?
Per riassumere 20 anni di attività ed un numero di gruppi e progetti di cui ho perso il conto, ho avuto molte soddisfazioni soprattutto con i concerti, ne ho fatti più di 200, ho suonato in varie parti della penisola, un paio di volte anche all’estero, in qualche caso in locali importanti e ambiti, in qualche altro in posti marci ma con un pubblico davvero caloroso ed indimenticabile. Sono anche molto soddisfatto delle recensioni ricevute per H2S fin dagli inizi, mediamente superiori ad ogni mia aspettativa.
Le delusioni sono state davvero troppe e non finiscono mai. Il peggio è l’aver sempre suonato in uno stato di precarietà continua, l’aver dovuto ricominciare spesso tutto da capo, fra gruppi che potevano avere un futuro morti quasi all’improvviso, e tempo perso in situazioni che non hanno portato assolutamente a niente. Per questo H2S rappresenta un rifugio indispensabile, anch’esso instabile a suo modo, ma relativamente sicuro.
09-Quanto è cambiata a tuo parere la scena milanese da quando hai iniziato? e soprattutto, in meglio o in peggio?
Non avendone mai fatto parte non posso rispondere in maniera attendibile. Tieni conto che ho iniziato a suonare nel 1986/87, ma sempre con gruppi di Novara fino alla fine degli anni ’90. Isolando il discorso della scena milanese solo al nuovo millennio, prendendo in considerazione solo quella strettamente dark/gothic/post-punk, e vivendola più che altro da spettatore distaccato, mi sembra che ci siano ancora band valide e con voglia di fare, ma è quasi scomparso il pubblico. Il fenomeno è forse esteso ad altri generi musicali e non riguarda solo Milano, è evidente comunque che a molti non gliene freghi assolutamente più nulla della musica dal vivo, a meno che non siano i soliti supergruppi osannati, e il concetto di “sostegno attivo ad una scena” per farla vivere e crescere dal basso è sempre più alieno. Troppa gente si è fossilizzata unicamente sui dj set e le serate danzanti, dove si ascoltano quasi sempre i soliti brani da anni, oppure della simil-techno… ci sarebbe ancora troppo da dire ma è meglio che mi fermi qui.
10-Meglio guardare indietro con nostalgia o in avanti con curiosità?
In questo periodo incerto per la musica in generale, dove ormai è stato inventato e provato di tutto, e dove l’offerta si sta avvicinando al collasso, la nostalgia verso decenni veramente innovativi è una tentazione inevitabile per qualcuno, e mi ci metto in prima fila. Ma è necessario andare comunque avanti, non perdere la passione, e anche senza inseguire l’originalità a tutti i costi, cercare di usare almeno il cuore e la personalità. Il passato ‘mitico’ non dovrebbe scoraggiare, ma servire come esempio e guida per affrontare il futuro. Come ci sono stati il dadaismo, il situazionismo e il punk, forse potranno nascere altri movimenti con la stessa portata iconoclasta e rigeneratrice.
11-Progetti, desideri, ambizioni...
H2S ha un’esistenza intermittente, non ci sono progetti in cantiere al momento, né ambizioni particolari. Il desiderio principale ora è quello di diffondere il più possibile “Proteus Soundtracks”, mentre per il futuro magari sarà trovare nuova ispirazione e poter pubblicare altri dischi, possibilmente ‘veri’, ma anche riuscire a trovare un modo per esibirmi dal vivo riducendo al minimo l’uso delle basi pre-registrate.
12-Le Ultime Parole sono per te!
Un grazie speciale a te Max e a ‘L’erba della strega’ per lo spazio concesso e il supporto. Ne approfitto per ringraziare anche tutti coloro che in questi anni hanno sostenuto H2S nei modi più svariati.