08.07.2011 - PIL + The Horrors @ Azzano Decimo
12ª edizione della Fiera della Musica
Operazione commerciale, lo so.
E gli Horrors a inizio serata?
Sì c'erano, molti li hanno anche ascoltati, nel loro proporre quel secondo album che personalmente mi risulta indigesto, non per qualità, ma per scelta stilistica.
Ma non è di loro che parleremo, non oggi.
Dicevo, operazione commerciale, lo sanno tutti, mentre lentamente il gruppo spalla si eclissa assieme al sole, appaiono delle ombre che ricordano il passato.
E in me scatta il dubbio possa essere una gran delusione, per chi associa questo nome al Post Punk, tra i pionieri di un genere, l'idea che possano crollare sul peso del loro stesso nome è tale da potersi anche avverare.
Sul palco ci sono nomi di tutto rispetto, oltre all'icona Lydon ci sono le percussioni Pop Group di Bruce Smith, l'ex Damned Lu Edmonds alla chitarra e per il basso Scott Firth.
Il basso è l'elemento cardinal di un sound come quello dei PIL e lo aspetto al varco, ma parliamo di un artista che ha suonato per Costello e Winwood, non può deludere.
Si inzia con un classico, troppo classico, forse Lydon ne sente il peso e quasi lo sussurra. Con This is not a love song mi fa scorrere qualche goccia di sudore sul viso, non per il caldo, temo la serata possa rivelarsi un disastro: non ha voce, forse a causa dell'equalizzazione, pare disorientato, non è convincente né istrionico. Per fortuna mi sbaglio. Gettata via quella canzone troppo pesante, quel fardello che sancì la rottura col sound genuino dei PIL, sprofondiamo nel suono più martellante e feroce, che passa per Public Image cantata con grande ironia, per una Albatros che fa vibrare fino all'ultimo capello, per una Flower of Romance davvero ineguagliabile, sono quei suoni che han fatto consumare prima i vinili e successivamente i cd nei miei impianti stereo, la chitarra è sontuosa, il basso è implacabile, la batteria è un metronomo ad alto impatto d'urto, anche il frontman ha ritrovato lo smalto di un tempo, coinvolge e si fa coinvolgere, ogni nota che affronta è come un cavallo imbizzarrito e lui le sa cavalcare con maestria e arte.
Chiude la prima parte una Religion che ancora fa vibrare le stelle sopra il cielo di Azzano, tanto martellante, acida, dritta allo stomaco e alle orecchie da costringere molti a tapparsele, mentre sul palco Rotten declama e strepita, mentre ogni strumento viene portato all'eccesso. Fino al sospirato silenzio.
E poi nessuno osò interromperlo finché lo stesso Lydon non ha capito che non si poteva chiudere così.
Qualche minuto a ridarsi smalto, poi di nuovo sul palco, perché c'è chi non si è fermato ai primi album e ricorda altri successi come la Rise finale che ha fatto saltare tutti come un'unica onda.
Apprezzatissimo il pogo sotto palco, perché ci sono tradizioni che vanno rispettate.
Il volo dell'Albatros continua ancora!