Quando si parla di new wave, dark, goth o post punk (chiamatelo come vi pare) molte volte si tirano in ballo nomi altisonanti, perlopiù inglesi o americani. Spesso, troppo spesso, si cerca la registrazione dell'oscura band losangeliana dimenticandosi che il nostro paese ha dato alla luce molti lavori ottimi. Tra le decine di formazioni che affollavano la scena nella prima metà degli anni '80 ce ne sono alcune salite allo status di culto. I Death in Venice fanno parte di queste ultime e non ricordarli sarebbe un oltraggio al buon senso ed alla cultura musicale. Fautori di un manciata di singoli e di demo entrati nella storia, vengono tutt'oggi considerati una tra le band più valide che il nostro stivale abbia mai partorito. Spinto dalla curiosità e dalla passione mi sono permesso di cercare e disturbare i fratelli fondatori della Morte a Venezia, Sebastian ed Angelo Russo, che non smetterò mai di ringraziare per la pazienza con cui mi hanno aiutato nella realizzazione di questa intervista. Angelo, nonostante sia sommerso dal lavoro, ha sopportato con disponibilità e simpatia ore di telefonate riempiendomi di particolari con il quale ho arricchito l'intervista fatta con il gentilissimo Sebastian ai tavoli di un bar in una piazzetta di fronte ad una birra ed un'aranciata. Dove? A Venezia, ovviamente...

1) Per cominciare, la domanda di rito... come avete iniziato?
- Diciamo che il nucleo principale era composto da me e da mio fratello. Già da ragazzini eravamo sommersi da ottima musica, dato che i nostri fratelli e sorelle maggiori ci riempivano le orecchie di dischi ottimi: Beatles, Led Zeppelin, Genesis, Peter Gabriel... Innegabilmente per noi la musica rappresentava un divertimento, qualcosa che ci stimolava fortemente e che ci riempiva l'animo, credo tu mi possa capire. Calcola che verso il finire degli anni settanta eravamo adolescenti o poco più, quindi lo shock del movimento punk fu molto forte e vissuto intensamente. Fu un passaggio alquanto naturale dato che vedevamo in quel modo di porsi e di intendere la musica qualcosa che, se da una parte sembrava in netta contrapposizione rispetto al rock precedente, dall'altra ne era l'ovvio proseguimento ed estremizzazione. Ma, intendiamoci, probabilmente l'idea di punk che c'è oggi è un po' falsata... noi ascoltavamo regolarmente le uscite UK (Clash, Sex Pistols ed affini) ma senza dimenticare grandi artisti come Bowie,
i Velvet Underground e il glam rock in genere. Artisti che tutt'ora, nonostante ascolti ormai altro da anni, ritengo i fautori principali di un certo modo di fare musica a livello totale, sia nei dischi sia nell'aspetto esteriore.

2) Con questi presupposti come vedi la scena musicale odierna? C'è chi parla di periodo di stallo, di riciclo...
- Per dirla con poche parole ritengo che in giro ci sono ottimi musicisti, ottimi interpreti, ma mancano gli stimoli, la voglia di spingersi oltre e di integrare la musica con un concetto visivo ed uno stile di vita complessivo. Oggi la musica viene intesa più come un semplice intrattenimento, non viene vissuta fino in fondo. Questo non vuol dire che non apprezzi nulla, solamente che mi sembra evidente la perdita di significato di questo modo di fare arte per molte persone.

3) Si, effettivamente a posteriori se guardo agli anni '80 vedo i metallari, i dark, i punk, i paninari... tutte fazioni differenti con un "codice", un preciso stile di vita, una visione di ciò che può essere inteso come arte od espressione, sia a livello di musica sia di look...
- Invece oggi è tutto mescolato... si, capisco cosa intendi. Ti faccio un esempio, nostro nipote (che adoriamo) è un "punk" o, perlomeno, è un punk dei suoi tempi. Ascolta Avril Lavigne, che è molto carina e piacevole musicalmente
ma che di punk, a mio vedere, non ha nulla. Eppure mette le cinture con le borchie come noi, si colora i capelli... non posso biasimare le nuove generazioni e puntare il dito dicendo "che ne sapete voi!..." perché loro vivono ed assimilano quello che la loro cultura attuale passa. Una volta c'erano poche cose, i movimenti s'inventavano, creavano e sviluppavano partendo da uno sparuto gruppo di persone. Oggi invece è come essere in un grande supermarket dove puoi trovare di tutto ed inevitabilmente mescolare le carte. Se la cosa fosse positiva non avrei nulla da obiettare. Alla fine noi stessi ci rifacevamo a modo nostro ad altri modelli (Bowie, ad esempio) ma il tutto veniva filtrato e reso personale, perché assimilavamo le cose in modo attivo e ne ricevevamo gli stimoli. Ora il tutto sembra basato sull'intrattenimento e vissuto in maniera più superficiale.

4) Beh, perlomeno ci sono meno risse (sorrido)...
- Oh beh, sicuro. Le battaglie tra rockers e punx non erano cose leggerine, anzi. E il più delle volte non avevano senso se non l’appartenenza o meno ad un determinato gruppo. Poi arrivarono gli skin in massa e si incazzarono con tutti (ride)!! Credo che oggi sia cambiato lo sfogo individuale, sia perché la frustrazione odierna non è più tanto verso la società quanto verso noi stessi, quindi lo shockare o il reagire ha diversi connotati. Oppure vai allo stadio e fai l’ultras (ride).

5) La vostra prima uscita discografica ufficiale è lo Split 7" con i Frigidaire Tango, con il brano "East".
- Si. All'epoca (era il 1983) eravamo già in giro da un paio di anni suonando qualche concerto qua e là, divertendoci come pazzi e riscuotendo un discreto successo. Capitò che uno dei Frigidaire Tango che lavorava presso uno studio a Bassano ci propose di incidere un brano per un 7" split. Fu tutto molto semplice, andammo, registrammo e via, senza star lì troppo a guardare i particolari. Lo stesso funzionò con il primo demo, "Decadance", che girò abbastanza nei circuiti underground portandoci buona pubblicità e contatti per suonare dal vivo. Se ti dicessi che mi ricordo perfettamente quei giorni mentirei... personalmente la vivevo alla giornata... non mi interessava tanto il perché facevo una cosa. Mi attirava la sua immediatezza e spontaneità espressiva ed ero comunque sempre troppo fuori per ragionarci (ride). L'ultima cosa che pensavo all'epoca era che vent'anni dopo qualcuno mi avrebbe chiesto del mio passato. Un po' di tempo fa, entrando in un negozio di dischi a Firenze, il padrone mi squadrò e dopo un po' mi disse "Ma scusa, tu sei per caso Sebastian dei Death in Venice?!". Ammetto l'imbarazzo e dopo aver cercato di negare mi sono dovuto arrendere e "svelarmi" (ride). Mi chiese se avevo copie dei nostri dischi che, a quanto ne so, sono molto ricercati oggi dagli appassionati. Pensa che non li ho nemmeno io... i tuoi (allude ai vinili che ho portato per l'autografo di rito, n.d.Max) sono i primi che rivedo da allora... Certo che le nostre copertine erano proprio belle, eheheh!!
(A questo punto tiro fuori una foto promozionale recuperata all'interno di "Presence in Absence" ad una fiera del disco e glie la porgo). Oddio! E questa da dove salta fuori?! Quanto tempo... questa è stata la nostra prima sessione fotografica ufficiale. Dovrebbero essercene altre simili... (Gli porgo un Rockerilla polveroso con intervista a tutta pagina dei Death in Venice con lo scatto incriminato). Ecco si! Eccolo qua! Eravamo proprio fighi, ammettilo, soprattutto Marco (ride). Lo sfondo che vedi è un broccato che si usa nelle chiese, molto bello. Chissà che fine ha fatto...

6) Già che ci siamo spiegami un po' il concepimento delle vostre copertine che ho sempre reputato molto belle ed affascinanti.
- Certo. La copertina di "Presence in Absence" è opera di Dalibor. Lui era il pupillo di Emilio Vedova e guardando le sue splendide opere si può benissimo capire il perché. Per quanto riguarda la foto interna c'è un piccolo aneddoto a riguardo. Non è come pensi tu una mano bensì un guanto. La foto è stato fatta per caso
all'interno della torre di un palazzo in cui era situato un magazzino ferroviario a Venezia. Si diceva che tale torre fosse abitata da un fantasma, quindi (sorride)...
La copertina di "Paroxismos" invece è stata fatta con uno spirito diverso. Lo scatto frontale, infatti, voleva ritrarci proprio come ci sentivamo in quel periodo. Dei "dandy" molto snob e tirati che si distaccavano abbastanza dall'immagine punk degli esordi (faccio notare come sia Sebastian che Angelo non abbiano mai usato, durante le chiacchierate, se non "imboccati", il termine "dark" a dimostrazione di quanto fosse vissuta differentemente la cosa all'epoca… n.d.Max). Addirittura i vestiti che indossiamo furono disegnati e cuciti appositamente da alcuni stilisti inglesi di cui non rivelo il nome, dato che sono ancora attivi ed odio fare pubblicità (sorride). Il retro copertina è sempre di Dalibor, un'altra delle sue splendide opere. Abbiamo sempre cercato di unire il lato musicale a quello visivo, convinti che le cose fossero fondamentali l'una per l'altra. Anche le performance dal vivo si basavano sullo stesso concetto dato che lo spettatore doveva essere assorbito dallo spettacolo, "sentire e vedere" senza distrazioni esterne. Da lì gli innumerevoli costumi di scena che praticamente ci facevamo da soli, scenografie molto elaborate con addirittura finti violini dipinti da "suonare" nelle intro quando mandavamo le basi. Era più una esperienza teatrale che un concerto comune e ti assicuro che veniva vissuto intensamente sia da noi che dal pubblico. Questo concetto del coinvolgimento visivo ci ha accompagnato per tutta la carriera. Che parolona, "carriera"... (sorride).

7) Questa attenzione data all'estetica delle cose, oltre che al loro significato crudo, era una forma di ribellione od un abbellimento meramente materiale? Come lo vivevate?
- Personalmente il mio concetto di look non è mai stato tanto legato alla moda quanto ad un desiderio di trasgressione che è nato dentro me fin da quando avevo 13-14 anni. Mio padre era molto severo, per non dire fascista, e reprimeva in ogni maniera possibile anche le cose più sciocche. Addirittura una semplice t-shirt con un numero davanti veniva considerata "indegna" e "roba per froci", cosa che causava sempre liti violente. Ad un certo punto, quindi, mi sono detto: o reagisco o ci lascio il cervello. Ho cominciato quindi a tingermi i capelli, a tornare a casa con gonne, tacchi a spillo e creste... cosa che ha causato la mia fuoriuscita dal nucleo familiare molto presto. Ma era quello che, alla fine, volevo. Il mio era un andare contro, una esigenza radicata dentro me di protestare e scioccare la normalità fascista ed imposta in cui ero cresciuto. E non dimenticarti che Angelo ed io siamo gemelli. Questo ti porta ad avere alcuni problemi di personalità, in quanto ti ritrovi di fronte sempre "un altro te stesso" dal quale vuoi diversificarti in qualsiasi modo. Noi siamo sempre andati d'accordo ma facevamo di tutto per differenziarci l'uno dall'altro, sia
esteticamente sia a livello caratteriale. E poi subentrava, comunque, la fascinazione personale per l'estetica. Venezia nei primi anni '80 era circa come ora. Uno splendido acquario, bellissimo ma pieno di pesci rossi: mancavano i "veri" pesci e noi, gironzolando agghindati nelle maniere più folli tra una calle e l'altra, eravamo perfetti. I turisti fotografavano noi, mica i monumenti (ride)! A loro modo anche ragazzi come i Pitura Fresca erano "contro". Era davvero impensabile per l'epoca vedere le nostre creste con gonne in pvc o i loro dreadlocks aggirarsi per le strade. Ricordo con piacere un locale, il bar Cherubino, dove passarono spesse volte anche Siouxsie, Matia Bazar, Roxy Music, Bowie, Almond e tanti altri, italiani e non. Era un ritrovo per tutte le persone che stavano sulla nostra linea d'onda, splendido, con ottima musica e persone sempre interessanti che lo frequentavano. Credo che il posto non esista più o che, perlomeno, abbia cambiato gestioni e stile, anche perché i tempi sono ovviamente cambiati.

8) Cosa ne pensi del fatto che ci sono ragazzini oggi che
si vestono cercando di copiare il "vostro" abbigliamento definendosi "dark" Ovvero, credi nella sopravvivenza di questo tipo di movimento? O la vedi come una specie di "minestra riscaldata"?
- Beh indubbiamente a riguardo non c'è più nulla da inventare. Al massimo la cosa potrebbe funzionare se ci fosse un'aria di rinnovamento. Essere dark oggi non ha molto senso, non ci sono i presupposti e le motivazioni per esserlo, non so se mi intendi. Non capirmi male, non sto discendo che disprezzo i ragazzini che lo sono, anzi. Solo che io, come tanti altri della mia generazione, ho vissuto la cosa in prima persona e ti assicuro che in quegli anni la situazione generale era totalmente differente. C'era un diverso modo di affrontare se stessi e la società. Società che è drasticamente mutata negli ultimi vent'anni. Anche il divertimento era diverso. Per noi il "fare qualcosa" era essenziale. Per quello c'erano musicisti, artisti, poeti, registi, fotografi... tutti adolescenti con mezzi scarsi ma un vulcano di idee e una terribile voglia di esprimersi. Ora il tutto è molto più passivo. E' un peccato.

9) Quindi potremmo considerare i dark di oggi dei nostalgici...
- Si, ma io non sopporto i nostalgici (sorride). A parte tutto, sono sempre portato a guardare avanti e con ciò non voglio dire che rinnego ciò che ho fatto, anzi. Il punk, l'esperienza Death in Venice mi ha aiutato moltissimo nella mia crescita personale, stigmatizzando la rabbia ed il dolore che avevo dentro, aiutandomi a trovare un equilibrio personale e a diventare l'uomo adulto che sono oggi. E' stata una terapia perfetta che ha gettato delle ottime basi, perlomeno per quanto mi riguarda. Ecco, forse manca anche questo ai ragazzi di oggi: il rinnovarsi continuamente, cercare di evolvere sia a livello estetico sia a livello personale, ampliando i propri gusti e passioni. Ma mancano gli stimoli, non è tutta colpa loro. Girava anche parecchia droga all'epoca, che poteva anche andare bene, perché era divertente. Solo che in molti, purtroppo, non si sono fermati e sono finiti male. Io fortunatamente ad un certo punto ho detto basta ed ora non bevo nemmeno più alcolici. Mi sono divertito ma non puoi continuare a vita.

10) Parlami della registrazione e composizione dei 12".
- Il primo 7" ed il demo come ti ho già detto furono registrati a Bassano, mentre "Presence in Absence" fu fatto a Venezia presso uno studio molto vecchio di proprietà di un cantante degli anni '60. Era situato presso le Zattere ed era molto affascinante
grazie anche a tutte quelle apparecchiature così datate che davano un senso di retrò molto suggestivo. Fu realizzato in pochi giorni, così come "Paroxismos", che registrammo a Milano in zona Navigli. Lo studio era di proprietà della vecchia casa discografica di Mina che, all'epoca, era specializzata nella produzione di jingle pubblicitari. Era molto divertente... da una parte noi a cantare "Sex of the angels" e dall'altra loro a fare tutt'altro! Ricordo poco anche di quelle sedute se non che mi sono divertito come un pazzo e che il produttore continuava a riprendermi "Stai dritto davanti al microfono, non ti piegare... ce la fai? Ti sei drogato di nuovo troppo, vero!?" (ride).

11) E le situazioni dal vivo? C'erano posti dove suonare?
- Posti per suonare ce n'erano ma sempre e comunque piccoli. Locali da 200, 300 persone, non di più. Si suonava abbastanza anche perché era il periodo giusto per il genere. Ricordo un concerto a Scandicci nei mesi del serial killer. Attaccai sulla porta del locale un cartello con scritto "Invitasi il mostro". Chissà se venne! In un altro presi una scossa tremenda perché in un movimento scenografico durante l'interpretazione di un brano alzai troppo le dita e le infilai dritte in un faretto... Fu molto artistico e sembrò che fosse voluto, ma non lo era per nulla (ride)... credo che ci fermammo ma non ricordo sinceramente se finimmo o meno lo show. In genere tutti i nostri concerti erano vissuti in modo molto intenso sia da noi che dal pubblico che ci considerava un oggetto di culto, sotto certi aspetti. A Sinigaglia incontrammo un audience fantastica che pogò dall'inizio alla fine senza sosta. Nell'85 suonammo in un parco a
Londra all'interno di un festival wave e fu splendido, così come memorabile fu un festival a Verona di band wave con migliaia di persone venute apposta lì per vedere i concerti. E poi l'Hiroshima Mon Amour a Torino o una splendida rassegna multimediale in un teatro di Pompei... Abbiamo suonato davvero parecchio in giro spingendoci fino a Napoli che, per un gruppo veneto al nostro livello, per quei tempi, era il massimo. C'era lo spirito giusto, sai quell'attitudine "Vaffanculo, mi godo l'oggi, del domani me ne frego" e via.

12) Come erano i rapporti tra i gruppi? Eravate amici, vi aiutavate, c'erano rivalità?
- In tutti i gruppi c'erano le primedonne alcune delle quali erano davvero insopportabili. Non faccio nomi perché non si sa mai che anche a distanza di anni, magari leggendo queste righe, se la possano prendere (ride). In quel senso sì, c'era una rivalità comunque costruttiva perché spingeva ognuno di noi a migliorarsi per superare l'altro. Capisci che intendo? Ricordo con piacere i ragazzi dei Frigidaire Tango oltre che ad alcuni membri dei Litfiba. I Virgin Prunes quando vennero qua furono davvero splendidi, ci divertimmo parecchio ed anche i membri "secondari" dei Christian Death erano simpatici. E poi decine di altre facce di cui purtroppo ho dimenticato i nomi.

13) Dopo la registrazione di "Paroxismos" si sono perse le vostre tracce. Perché siete scomparsi?
- In realtà esiste un album vero e proprio registrato dopo "Paroxismos". La cosa non fu mai portata a termine perché, in quel periodo, io vivevo tra l'Italia e la Germania ed ero entrato in contatto con la casa discografica di Brian Eno. Quando tornai gli altri partirono per trattare i particolari della produzione e cose simili ma quando tornarono... come dire... l'amore era finito.

14) Così? Da un giorno all'altro?
- Si, più o meno. Senza rancori, ma le cose stavano andando nel verso sbagliato nell'ultimo periodo. Entrarono nel gruppo un tastierista ed un percussionista aggiuntivo che volevano mutare la band in qualcosa di commerciale per tentare il "colpaccio" ritoccando tutti gli arrangiamenti e stravolgendo le canzoni. Fu anche provato un altro cantante in mia assenza perché le intenzioni erano quelle di spostarsi su sonorità più vicine alle cose che Peter Gabriel faceva all'epoca per intenderci. Cosa che né a me né ad altri membri "storici" dei Death in Venice andava bene. Ma nel frattempo avevamo anche perso lo stimolo per continuare tra di noi. La fiamma si era spenta, l'interesse affievolito e volevamo esprimerci in altre maniere. I problemi con le droghe di alcuni elementi non aiutarono di certo la situazione e quindi decidemmo di scioglierci. Mandammo una lettera alla Contempo, che all'epoca era
la nostra casa discografica, e via. Non so se abbiano mai risposto o se avessero chiesto spiegazioni. Probabilmente sì ma per quanto mi riguardava il discorso era chiuso. Non volevo saperne più nulla, ero già proiettato in avanti e mentalmente ero fuori dal gioco.

15) Hai qualche aneddoto particolare dei primi anni da raccontarci?
- Oddio, in teoria a decine, in pratica non me ne ricordo molti... gli anni passano! Ma ce n'è uno divertente. Nei primi anni '80 ho vissuto per qualche tempo a Londra così un giorno ero in giro con un'amica splendida, con questa chioma a zampilli fluorescenti e le lenti a contatto colorate... sembrava una medusa. Insomma, stavamo passando per Kings Road quando passando di fronte a quello che una volta era il "Sex" vidi in vetrina dei pantaloni splendidi. Hai presente quelli in stile bondage? Ecco, erano un must in quegli anni... Insomma, li vedo e me ne innamoro subito. Dico alla mia amica "Devono esser miei!" e mi infilo al volo nel negozio. Non faccio nemmeno in tempo ad afferrarli che una checca isterica cerca di strapparmeli dalle mani e comincia ad urlare "Sono miei!! Sono mie!!! Giù le mani!!!" cominciando a graffiarmi e spintonarmi.
Fortunatamente la mia amica Medusa aveva delle unghie lunghissime e appena gliele ha infilate nel braccio ha mollato la presa. I pantaloni erano miei! Mi dissero poi che quel tizio era un ragazzino conosciuto... un certo Boy George. Il resto è storia.
Sempre in quel periodo vidi dei bei concerti. Ricordo Adam and the Ants e gli U2 al Marquee, che promuovevano l'uscita del loro primo album. Di supporto quella sera c'erano i Tourist, un gruppo new wave capitanato da Annie Lennox, ed altri... ma ora non mi vengono.

16) Hai girato parecchio quindi. Differenze tra città e città?
- Sicuramente Firenze in quegli anni era la più attiva e viva, stimolante, piena di novità e cose da fare. Ci passavamo parecchio tempo anche perché la Contempo aveva sede lì. Venezia era magica ma "legata". Berlino era splendida, molto diversa da come è ora in seguito alla caduta del Muro. Era veramente popolata da folli, un'isola felice piena di pazzi furiosi e geniali di tutte le età. Londra era Londra, aveva ancora senso ed era il fulcro delle "new sensation" che arrivavano poi qui in Italia.

17) Tornando ai DIV, come nascevano le canzoni? E i testi?
- I testi erano miei e venivano tradotti in inglese da una mia cara amica, Wendy Union, madrelingua inglese che mi aiutava non poco a scrivere qualcosa di sensato grammaticalmente (sorride). Ero molto influenzato da Thomas Mann, da Oscar Wilde... amavo dare delle sensazioni piuttosto che lanciare proclami o parlare di cose concrete. Adoravo anche le poesie di Costantino Cavafis.

18) Hai scritto dei testi che ti rappresentano più degli altri o che ami particolarmente?
- Sarei ipocrita se non ti dicessi tutti. Ma se proprio dovessi scegliere sicuramente "Orgasm Guaranteed" (sorride).

19) E le musiche?
- Avevamo la nostra sala prove qui a Venezia che era più uno scantinato a dire il vero. Passavamo cinque o sei ore al giorno improvvisando continuamente. Il tutto veniva registrato ed io abbozzavo delle linee vocali. Riascoltavamo e sceglievamo le cose che ci sembravano migliori, le imparavamo memoria, cercavo un testo che si incastrasse bene e via. Era tutto molto semplice e spontaneo, alla fine.

20) Quali erano i vostri ascolti obbligati, i modelli e le influenze di quel periodo?
- Per quanto mi riguarda Siouxsie su tutti per cui nutrivo un adorazione spasmodica. Poi Bauhaus, Velvet Underground, Iggy Pop. Ricordo un concerto di Iggy Pop a Parma che fu affollato di punk e di supporto c'erano gli allora semi sconosciuti Human
Sebastian oggi League, che a me piacquero molto, o Patti Smith il cui concerto fu un vero delirio ma non solo per le storie sull'eroina: si svolgeva in uno stadio e la polizia aveva deciso di vietare l'utilizzo del prato costringendo la gente sugli spalti e sulla curva recintando l'erba con reti e cose simili. Ci sono state visioni apocalittiche dato che appena vista la situazione tutti corsero a scavalca le protezioni, facendosi la "scaletta" a mano, ferendosi sulle reti acuminate. Un casino, vedevi tutti questi ragazzi feriti sul campo che si automedicavano aspettando l’inizio del concerto. Folle! Era il periodo delle contestazioni politiche e quello era il primo concerto dopo molti anni: come avrebbero dovuto agire i ragazzi sentendosi ingabbiati? Tornando alla musica ricordo due splendidi concerti di Siouxsie a Bologna e a Milano, con Robert Smith alla chitarra. I Cure per esempio non li ho mai digeriti, troppo lagnosi e piagnoni. Vidi anche i Police a Milano che mi piacquero ma che furono, secondo me, sotterrati dai Cramps che aprivano per loro. Ho adorato Lux Interior, ma soprattutto Poison Ivy. Peccato che la gente presente non la pensasse come me e li riempì di schifezze e fischi al grido di "Frocioooo, puttanaaaa".

21) Death in Venice: chi erano e cosa fanno oggi?
- Alla chitarra c'era Dalibor, un ragazzo slavo. Dopo lo scioglimento siamo rimasti in contatto fino a che non dovette partire per la guerra in Croazia ed
abbiamo perso le sue tracce, arrivando addirittura a pensare il peggio. Poco tempo fa, invece, incontrando un amico comune, venimmo a sapere che stava bene e che si era trasferito in Olanda, ad Amsterdam.
Alla batteria c'era Marco che purtroppo ci ha lasciati qualche anno fa...
Alle tastiere Delio, che ogni tanto sentiamo, anche se raramente. Ora vive tra Casablanca in Marocco e Vittorio Veneto. Dopo aver lavorato per anni presso il teatro Goldoni come tecnico delle luci sembra abbia aperto una piccola azienda illuminotecnica destinata ai set cinematografici.
Angelo è responsabile di un gruppo di tecnici che allestisce gli impianti luce nei film, spot e cose simili. Ha lavorato con Woody Allen, la Disney ed altri. Puoi trovare informazioni su di lui su
www.angelorusso.com.
Io dopo lo scioglimento mi sono appassionato alla pittura. In Germania ho approfondito il Figurativo fino all'Astrattismo. Oggi, oltre quello, collaboro con l'Associazione "Suoni Freschi" che comprende pittori, poeti, musicisti ed allestisce mostre, spettacoli, ecc... Se volete informazioni andate su
www.suonifreschi.it e potreste trovare delle cose molto interessanti.

22) Grazie della chiacchierata!
- Grazie a te per l'interessamento! A presto!

… La nebbia comincia a scendere su "l'acquario" più famoso del mondo. Pieno zeppo di pesci rossi che fanno di tutto per nascondersi. Ma se sbirciate bene, là in mezzo da qualche parte, potreste vedere ancora le ombre di quei cinque splendidi esemplari muoversi tra un ponte ed una calle. Di soppiatto, ma fieri e gioiosi, così convinti nel trarre vita da ogni singolo mattone posato lì sull’acqua. Venezia, per me, è anche questo. Grazie DIV.
Per contatti, e-mail:
sebaru@libero.it (Sebastian)
[Intervista a cura di
Max 13-34 per Erbadellastrega.it - Ottobre 2004. Per le foto ringraziamo Mirco Salvadori]
 
 

 
° DEATH IN VENICE - "Decadance demo" [autoprodotto, 1983]
L'esordio su tape dei Death in Venice già metteva in chiaro le cose. Le influenze del post punk, che era nel pieno della sua esplosione, erano evidentissime, e indirizzavano i nostri verso sonorità che amerei definire a cavallo tra PIL, Killing Joke e Birthday Party, anche se poi alla fine le sfumature erano molteplici. Da "Lunar shell", passando per "Black flowers of dance", "Happy birthday", "Pre existence", "Insanus driver" (splendida nella sua malinconia dandysta in calare) fino alla conclusive "Fear of shadows" è tutto un continuo di emozioni, tale è la qualità dei brani. Brani spontanei, che sanno di dark wave pura e schietta, con la chitarra di Dalibor a tessere trame mediterranee mentre il basso pulsante di Angelo regge il tutto e Sebastian può declamare e recitare le sue emozioni. Ingenuo sotto alcuni punti di vista, rimane un esordio comunque imperdibile proprio per la sua immediatezza ed efficacia. La Morte a Venezia aveva cominciato a muovere i primi passi, e nonostante siano passati più di vent’anni, erano proprio quelli giusti…
 
° Rockgarage vol.2 - "East" [Materiali Sonori, 1983]
I buoni riscontri delle esibizioni live (tra le quali un supporto ai Sex Gang Children) e le ottime impressioni date dal demo Decadance portano i nostri ad incidere questo brano per il numero due della serie "rockgarage". La serie in questione era formata da un tot di uscite su 45 giri con varie band, delle mini compilation se vogliamo. Il tutto fatto con la collaborazione di Indie (Mestre) con la supervisione di Luciano Trevisan Fricchetti. Il 7" in questione (su cui figuravano anche i grandi Frigidaire Tango) correggeva lievemente il tiro, lasciando da parte le massicce ritmiche tribali dell’esordio, a favore di sonorità più elettroniche e mediterranee. Influenze bauhausiane scivolano nei tre minuti e mezzo del brano, bello ed indispensabile anello di congiunzione tra il demo e l’esordio su 12" di lì a un paio d’anni….
 
° DEATH IN VENICE - "Presence in Absence" [Contempo, 1985]
Lo ammetto. Quando comprai questo disco tanti, troppi anni fa da uno che me lo vendette come "una cagata" a cinque mila lire, la prima cosa che mi venne in mente furono i Death In June di Nada. Lo so che non c’entrano molto, ma all’epoca non avevo molti punti di riferimento, e quel synth con batteria d-drum etc mi riportarono alla mente uno dei periodi migliori del sig Douglas P. Ammettendo il mio enorme errore di valutazione fatto ai tempi, a posteriori posso dire che si, c’era un punto in comune, ovvero la sperimentazione per dei suoni che all’epoca erano innovativi. Tre brani tre che ci mostravano i Death in Venice al top della forma, con composizioni fresche ma
oppressive, senza però cadere nel grottesco cliché che da lì in poi il goth ci avrebbe propinato troppo spesso. Pale Flesh parte quasi come un rituale, e poi si sviluppa in una specie di danza voodoo che sicuramente avrà fatto la gioia dei nerovestiti all’epoca. China Guru rimane tutt’oggi un piccolo gioiello dai sapori mediorientali, con un appeal talmente accattivante che sfido chiunque a togliersi dalla testa i ricami chitarristici anche solo dopo un ascolto… Chiude il lavoro Justine, lenta litania zeppa di trialismi ritmici con le tastiere in primo piano. Romantica e decadente, è la degna conclusione di un e.p. che continua ad affascinare nonostante gli anni. Per i collezionisti: ho visto un paio di test pressing… quindi sono ancora sciolti sulla piazza… fateli vostri! ;-)
 
° DEATH IN VENICE - "Paroxismos" 1986 [Contempo, 1986]
E’ questo il lavoro della svolta della Morte a Venezia, che apriva la strada a nuove sonorità, più aperte verso la wave meno ostica (seppur sempre di classe e filtrato con una dose di post punk che non guastava mai). "Sex of the angels", "Orgasm guaranteed", "Victims"… tutte canzoni pregne di erotismo, dalle linee melodiche "tonde", arrangiamenti più "accessibili" e la calda voce di Sebastian che cominciava a dimostrare le sue vere qualità. Purtroppo questo 12" non ebbe seguito, ed è un peccato non sapere che strade avrebbero percorso in seguito i nostri, musicalmente parlando. Per i collezionisti (ne ero totalmente all’oscuro, ed infatti non ci ho creduto
finchè non ne ho vista una copia… grazie Roby!) è uscito anche su 7" con "Orgasm guaranteed" sul lato A e "Victims" sul lato B! stessa copertina, stessa etichetta… frugate frugate…
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