COIL - "Teatro delle Celebrazioni" - Bologna - 06/04/2002
 
Quasi vent’anni fa, l’Inghilterra degli Psychic Tv e dei Throbbing Gristle invasa da quella provocazione sperimentale che portava il nome di "musica industriale" lasciava quasi casualmente cadere sul terreno, inaspettatamente fertile, un seme cattivo che presto
sarebbe diventato un albero del male.
Quasi vent’anni fa Peter Christopherson e John Balance diedero vita a quell’ostile spettacolo sonoro che porta il nome di Coil.
Quasi vent’anni dopo, quello spettacolo si è ripetuto.
A concerto finito mi è venuto di pensare che tutto il preambolo allo show altro non fosse che una strategia per destabilizzare il pubblico ancora prima dell’apertura del teatro. Ore di estenuante attesa accalcati sui gradini dinanzi alle porte, in un foyer nebbioso di fumo, soffocante di corpi accaldati e nervosi… "Hanno sfondato..." Non si parla della Linea Maginot, è il lamento della ragazza al controllo-biglietti nel medesimo instante in cui le porte si aprono e la folla si lancia letteralmente all’assalto dei posti migliori per godersi il tanto sospirato e atteso concerto... che non avrà inizio prima delle 23.00, in un crescendo di esasperazione collettiva...
Peter accende il motore di questa macchina infernale e, come a guardia del palco sui lati, difronte a finti specchi, prendono posto due statue umane in costume adamitico. Ma la vera sorpresa ci coglie quando, da tergo, annunciati da aromi di incenso e sbatter di campanacci arrivano
John e Drew, di bianco vestiti (uno strano incrocio tra una tuta spaziale e una divisa da infermiere, di quelli che ti portano via con la camicia di forza..) nascosti da indefinibili cappe candide (angeli o demoni?) e un piffero distorto, tra rumori elettronici e tintinii esasperanti, ci stride nelle orecchie mentre Balance "battezza" la prima fila con acqua che ammicca allo zolfo e una sorta di graal
brucia gli incensi di questa chiesa sconsacrata...
Inizia lo spettacolo e quello dei Coil è uno show senza pietà. Ciò che ci attende è un assaggio di come sappiano stimolare i sensi traverso un suono tutt’altro che orecchiabile. Non aspettatevi nulla dell’esoterismo malato delle prime produzioni (di "Horse Rotorvator vi è solo il ricordo nell’esecuzione di "Slur"); non aspettatevi requie per i timpani, nessuna simpatia per gli occhi, nessuna pace per le menti. Qualcosa, in qualunque momento, monopolizzerà la vostra attenzione: un’ immagine, un impercettibile movimento dei mimi, un suono distorto, una improbabile zampogna. Non staccherete gli occhi un solo istante.
Mentre dal palco litanie industriali e tecnologiche dilatano e restringono i sensi, sullo schermo scorrono caleidoscopi geometrici, costruzioni psichedeliche, tunnel di fiamme liquide, gorghi che risucchiano un pubblico che sembra (o forse lo è?) ipnotizzato o coinvolto in un "viaggio" mentale... Immagini che diventano strazio e orrore in filmati di "prigioni per uomini costruite da uomini" come Balance stesso ci dice, moderni gulag dimenticati e nascosti ricettacoli di sofferenze senza fine. "Serenity is a problem" specie se urlata da una cacofonia di luci e di suoni...
Mi aspettavo un Balance molto compreso nel suo ruolo di frontman, quello di un personaggio che ha saputo riunire gente da tutto il Paese nel capoluogo italiano godereccio per antonomasia. Ma i Coil, signori, non sono affatto goderecci e John è ora un abile istrione, ora una specie di delirante scheggia impazzita.
Le manipolazioni sonore sono come treni in corsa che viaggiano al ritmo di una danza cacofonica e si materializzano con immagini
in montaggio ultraveloce di volti e corpi deformi (come la "Gisela" di Pankow-iana memoria) macchiati di sangue viscoso...
Il terrorismo sonoro di questa serata ha il suo apice nel crescendo epilettico del gran finale.
Spirali al neon, luci e vapori che sanno di inferno... un inferno freddo, glaciale si impadronisce della sala, sembra di essere in trincea, una contraerea di luci e rumori assordanti in un acme apocalittico che lascia senza fiato... ogni fibra di noi viene bombardata, trafitta e vessata da proiettili sonori e visivi che non lasciano scampo...
All’incirca 400 persone, per un’ora e venti minuti, sono state letteralmente catapultate in uno spazio-temporale deviato e sono sopravvissute... i Coil si sono defilati declinando ogni responsabilità per i danni morali causati ai presenti…
Le aspettative della vigilia sono state soddisfatte da una esecuzione superba, frutto sia di quella esperienza che contraddistingue quei gruppi che nella sperimentazione sono sempre un passo più avanti, sia nella non indifferente disponibilità di mezzi assai sofisticati (anche se personalmente non ho scorto traccia di quegli effetti superspeciali "promessi" forse per invogliare una maggiore affluenza di pubblico a dispetto del non proprio facilmente abbordabile costo del biglietto…).
E devo anche ammettere che il mio cuore, inguaribilmente malato di nostalgia, cercava con trepidazione un richiamo al mai obliato trascorso di "Ostia", "Aqua Regis", "Panic"... maybe next time... See the Black Sun rise... in the Solar lodge...
Recensione a cura di Monica Nuancenoire per Erbadellastrega.it - Per le foto ringraziamo Stefano Fenu

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